Alessandro Pirzio Biroli è stato uno dei soldati italiani più abili (e successivamente controversi) della seconda guerra mondiale. Nasce a Bologna il 23 luglio 1877 da una famiglia di noti esploratori. Giovane atletico, era uno spadaccino particolarmente abile e vinse la medaglia d’argento nella scherma alle Olimpiadi di Londra del 1908. Entrato nell’esercito da giovane, prestò servizio nella prima guerra mondiale e nel 1918 fu promosso a comandante dell’8 ° reggimento bersaglieri. Nel 1921 viene assegnato alla Divisione Generale di Padova e fa la sua prima esperienza con il nuovo movimento fascista. Poco tempo dopo, però, fu inviato a capo della missione militare in Ecuador, rimanendovi fino al 1927. Rientrato in Italia fu nominato comandante della Divisione Monte Nero nel 1932 e nel 1933 fu promosso al comando del V Corpo Trieste, incarico che mantenne fino al 1935. Durante la seconda guerra italo-abissina comandò il coloratissimo corpo coloniale eritreo. I suoi uomini combatterono con tale vigore che furono spesso impiegati come truppe d’assalto durante la campagna, nonostante la loro formazione fosse alquanto obsoleta e il fatto che spesso fossero scarsamente equipaggiati. Ciò era dovuto a una combinazione tra l’abilità del loro generale e la tenacia delle truppe coloniali eritree che avevano un particolare zelo nel combattere gli etiopi, i loro tradizionali nemici, che minacciavano sempre di conquistarli. Per Biroli, il culmine della campagna fu la cattura di Dese, che in precedenza era stata il quartier generale militare dell’imperatore etiope Haile Selassie. I suoi uomini combatterono con tale vigore che furono spesso impiegati come truppe d’assalto durante la campagna, nonostante la loro formazione fosse alquanto obsoleta e il fatto che spesso fossero scarsamente equipaggiati. Ciò era dovuto a una combinazione tra l’abilità del loro generale e la tenacia delle truppe coloniali eritree che avevano un particolare zelo nel combattere gli etiopi, i loro tradizionali nemici, che minacciavano sempre di conquistarli. Per Biroli, il culmine della campagna fu la cattura di Dese, che in precedenza era stata il quartier generale militare dell’imperatore etiope Haile Selassie. I suoi uomini combatterono con tale vigore che furono spesso impiegati come truppe d’assalto durante la campagna, nonostante la loro formazione fosse alquanto obsoleta e il fatto che spesso fossero scarsamente equipaggiati. Ciò era dovuto a una combinazione tra l’abilità del loro generale e la tenacia delle truppe coloniali eritree che avevano un particolare zelo nel combattere gli etiopi, i loro tradizionali nemici, che minacciavano sempre di conquistarli. Per Biroli, il culmine della campagna fu la cattura di Dese, che in precedenza era stata il quartier generale militare dell’imperatore etiope Haile Selassie. Ciò era dovuto a una combinazione tra l’abilità del loro generale e la tenacia delle truppe coloniali eritree che avevano un particolare zelo nel combattere gli etiopi, i loro tradizionali nemici, che minacciavano sempre di conquistarli. Per Biroli, il culmine della campagna fu la cattura di Dese, che in precedenza era stata il quartier generale militare dell’imperatore etiope Haile Selassie. Ciò era dovuto a una combinazione tra l’abilità del loro generale e la tenacia delle truppe coloniali eritree che avevano un particolare zelo nel combattere gli etiopi, i loro tradizionali nemici, che minacciavano sempre di conquistarli. Per Biroli, il culmine della campagna fu la cattura di Dese, che in precedenza era stata il quartier generale militare dell’imperatore etiope Haile Selassie.
Uscito dalla guerra con un record militare di successo, anche se con alcuni il fatto che comandasse le truppe africane significava che non avrebbe sempre avuto la reputazione che meritava, il generale Biroli continuò nelle colonie, servendo per un anno come governatore della provincia di Amhara, il terra natale degli etiopi originari, nell’Africa orientale italiana (il nome combinato di Eritrea, Somalia e Abissinia). Quando il Regno d’Italia entrò nella seconda guerra mondiale, il generale Biroli vide l’azione sul fronte balcanico, prendendo il comando della Nona Armata nel 1941, guidandola nelle ultime fasi della guerra con la Grecia. Dopo la resa greca, il generale Biroli entrò nella fase più controversa della sua carriera, essendo assegnato come governatore militare del Regno del Montenegro, carica che mantenne fino al 1943. Un fermo sostenitore dell’eredità imperiale e del destino dell’Italia, Biroli era convinto che fosse loro dovere portare la civiltà romana nelle terre arretrate dei Balcani e non avrebbe tollerato alcuna opposizione a questa missione. Era anche disgustato dalla reputazione contrastante dei soldati tedeschi e italiani con i tedeschi sempre visti come i guerrieri duri, brutalmente efficienti e gli italiani come i “bravi ragazzi” casuali e amanti del divertimento. Per la gente del posto, la nomina di Biroli a governatore significava certamente “niente più signor bravo ragazzo”.
In un pamphlet distribuito ai suoi uomini, il generale Biroli ha incoraggiato le sue truppe italiane ad affrontare duramente qualsiasi opposizione, ricordando loro che “sono le stesse persone contro le quali abbiamo combattuto per secoli sulle rive dell’Adriatico”. Non ha visto solo il conflitto attuale ma anche gli slavi che avevano combattuto per l’Austria-Ungheria contro l’Italia nella prima guerra mondiale, i turchi ei loro sudditi slavi che hanno combattuto la città-stato italiana di Venezia e fino al barbaro tribù sottomesse per la prima volta dalle legioni romane migliaia di anni prima. I partigiani nemici venivano trattati duramente e spesso i loro amici, familiari e colleghi soffrivano insieme a loro. Adolf Hitler rimase sicuramente impressionato e insignì del Generale Biroli il Cavaliere di Gran Croce dell’Aquila tedesca, un raro riconoscimento per chiunque, tanto meno per uno straniero non del più alto grado militare. Tuttavia, in tutta onestà nei confronti del generale Biroli, va anche ricordato che la seconda guerra mondiale nei Balcani è stata una vicenda estremamente brutale tutt’intorno. Nel corso della storia, anche ai nostri giorni, è una regione in cui la misericordia è così rara che pochi se l’aspettano. I nemici comunisti che stava combattendo erano altrettanto brutali quanto lui e molto spesso molto di più.
L’armistizio italiano del 1943 segnò la fine della sua carriera militare. Il generale che aveva combattuto la guerriglia rossa in Montenegro e guidato le truppe africane alla vittoria in Etiopia si ritirò a vita privata e morì a Roma il 20 maggio 1962.