Che fine faremo dopo la morte e la nostra anima? Perché è decisivo il 40mo giorno
Nella tradizione ortodossa, il terzo, il nono e il quarantesimo giorno dopo la morte di una persona hanno un certo significato per la sua anima.
In un precedente post abbiamo parlato del destino della nostra anima e del nono giorno dalla morte nelle diverse dottrine.
Ma è proprio il quarantesimo giorno ad avere un significato speciale: per i credenti, questa è la linea che separa definitivamente la vita terrena dalla vita eterna.
Pertanto, a 40 giorni dalla morte, da un punto di vista religioso, la data è ancora più tragica del fatto stesso della morte fisica.
Combatti per l’anima tra l’inferno e il paradiso
Secondo le idee ortodosse, che provengono dai casi descritti nelle Vite dei santi, dalle opere teologiche dei Padri della Chiesa e dai servizi canonici, l’anima di una persona dal nono al quarantesimo giorno passa attraverso una serie di ostacoli chiamati prove aeree.
Dal momento della morte fino al terzo giorno, l’anima di una persona rimane sulla terra e può essere vicino ai suoi cari o viaggiare ovunque.
Dal terzo al nono giorno abita in paradiso, dove le viene data la possibilità di apprezzare i benefici che il Signore, come ricompensa di una vita giusta o santa, dona alle anime nel Regno dei Cieli.
Le prove iniziano dal nono giorno e rappresentano tali ostacoli in cui nulla dipende dall’anima umana stessa.
Una persona cambia il rapporto tra i suoi pensieri, parole e azioni buone e cattive solo nella vita terrena, dopo la morte non è più in grado di aggiungere o sottrarre nulla.
Le prove sono, infatti, “prove” tra rappresentanti dell’inferno (demoni) e del paradiso (angeli), che hanno un’analogia nel dibattito tra un pubblico ministero ed un avvocato.
Ci sono venti prove in totale e rappresentano certe passioni peccaminose a cui tutte le persone sono soggette.
Durante ciascuna delle prove, i demoni presentano un elenco dei peccati di una persona associati a questa passione e gli angeli annunciano un elenco delle sue buone azioni.
È generalmente accettato che se l’elenco dei peccati per ogni prova risulta essere più solido dell’elenco delle buone azioni, allora l’anima di una persona va all’inferno se, per misericordia di Dio, le buone azioni non si moltiplicano.
Se ci sono più buone azioni, l’anima procede alla prova successiva, come nel caso in cui peccati e buone azioni siano uguali.
Potrebbe apparire un semplice rapporto matematico eppure da ciò dipende rigorosamente il destino della nostra anima.
La decisione finale del sul destino della nostra anima
La dottrina delle prove aeree non è canonica, cioè non è inclusa nel principale codice dottrinale dell’Ortodossia.
Tuttavia, l’autorità della letteratura patristica ha portato al fatto che per molti secoli tali idee sul percorso postumo dell’anima sono in realtà le uniche nell’ambito di questa confessione religiosa.
Il periodo dal nono al quarantesimo giorno dopo la morte di una persona è considerato il più importante, e il quarantesimo giorno stesso è forse la data più tragica anche rispetto alla morte stessa.
Il fatto è che, secondo le idee ortodosse, il quarantesimo giorno, dopo aver attraversato le prove e contemplato tutti gli orrori ed i tormenti che attendono i peccatori all’inferno, l’anima umana per la terza volta appare direttamente davanti a Dio (per la prima volta – il terzo giorno, la seconda volta – il nono giorno).
Ed è in questo momento che si decide il destino dell’anima – dove rimarrà fino al momento del Giudizio Universale , all’inferno o nel Regno dei Cieli.
Si ritiene che a quel tempo l’anima avesse già superato tutte le prove possibili, che avrebbero dovuto determinare se una persona potesse meritare la salvezza con la sua vita terrena.
L’anima ha già visto il paradiso ed ha potuto sentire quanto sia degna od indegna di condividere il destino dei giusti e dei santi.
Ha già attraversato prove e può immaginare quanti e gravi siano i suoi peccati. A questo punto, deve pentirsi completamente e fare affidamento solo sulla misericordia di Dio.